PATROCINIO A SPESE DELLO STATO IN MATERIA PENALE
COS'E'
Il patrocinio a spese dello Stato è un beneficio concesso alle persone coinvolte - a vario titolo - in un processo e che abbiano determinati requisiti.
L'istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato può esser fatta in ogni stato e grado del processo.
Se essa viene accolta, i benefici che ne conseguono sono:
- il rilascio gratuito di copie degli atti processuali, quando necessarie per l'esercizio della difesa;
- l’anticipazione da parte dello Stato di varie spese, indennità e diritti (v. art. 107 DPR. 30 maggio 2002, n. 115 - documento qui allegato), nonché l'onorario e le spese di avvocato e di eventuali consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati.
Inoltre, per effetto dell'ammissione al patrocinio relativa all'azione di risarcimento del danno nel processo penale (cioè allorché vi sia la costituzione di parte civile), sono prenotati a debito, quando la spesa è a carico della parte ammessa, il contributo, le spese e le imposte indicate nell'art. 108 del citato DPR.
NORMATIVA
CHI PUO' RICHIEDERLO
Il patrocinio a spese dello Stato può esser chiesto da chi nel procedimento è indagato, imputato, condannato, persona offesa dal reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile o civilmente obbligato per la pena pecuniaria. A condizione che:
- sia cittadino italiano, oppure straniero o apolide residente nello Stato;
- non sia indagato, imputato o condannato di reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
- non sia assistito da più di un difensore (salvo il caso di cui all'art. 100 del citato DPR.);
- sia persona “NON ABBIENTE”.
È considerato “non abbiente” chi ha un reddito annuo imponibile, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 11.493,82. Questo limite viene periodicamente aggiornato: qui è indicato quello fissato con decreto 16/01/2018, a decorrere dal 15/03/2018.
Precisazioni:
1) ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si deve tener conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'IRPEF o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.
2) Se il richiedente convive con il coniuge o altri familiari, si deve considerare la somma dei redditi di tutti i conviventi: in tal caso il limite di reddito è aumentato di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi. – Ma nei processi in cui il richiedente sia in conflitto d'interessi con gli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi si tiene conto del solo reddito personale del richiedente.
3) La persona offesa dai reati di cui agli articoli 572 [maltrattamenti contro familiari e conviventi], 583-bis [pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili], 609-bis [violenza sessuale], 609-quater [atti sessuali con minorenne], 609-octies [violenza sessuale di gruppo] e 612-bis [atti persecutori (stalking)], nonché, ove commessi in danno di minori, dai reati di cui agli articoli 600 [riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù], 600-bis [prostituzione minorile], 600-ter [pornografia minorile], 600-quinquies [iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile], 601 [tratta di persone], 602 [acquisto e alienazione di schiavi], 609-quinquies [corruzione di minorenne] e 609-undecies [adescamento di minorenni] del codice penale, può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti.
3-bis) L’ammissibilità al patrocinio in deroga ai limiti di reddito previsti è stata espressamente sancita (con art.1 della legge 11/01/2018 n.4, in vigore dal 16/2/2018) in favore dei “figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti rimasti orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso in danno dello stesso genitore dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato, dall'altra parte dell'unione civile, anche se l'unione civile è cessata, o dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza”; con la precisazione che tale deroga vale non solo per il procedimento penale, ma anche per tutti i procedimenti civili derivanti dal reato, compresi quelli di esecuzione forzata.
4) Si ritiene superiore ai limiti previsti il reddito di chi ha riportato condanne definitive per i reati [in materia di associazione mafiosa, di traffico di tabacchi e di stupefacenti] indicati nell'art. 76, comma 4-bis, DPR 30/5/2002, n. 115 (v. documento allegato). – L'interessato può, però, fornire prova contraria, come sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza n.139 del 2010.
DOVE
L'istanza è presentata esclusivamente dall'interessato o dal difensore, ovvero inviata, a mezzo raccomandata, all'ufficio del magistrato competente.
Tale Ufficio è quello del magistrato innanzi al quale pende il processo e, quindi:
- alla cancelleria del G.I.P., se il procedimento è nella fase delle indagini preliminari;
- successivamente, alla cancelleria del giudice che procede.
Ma se il processo pende davanti alla Corte di Cassazione l'istanza va presentata (o inviata) alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato.
Se il richiedente è detenuto in carcere o internato per l'esecuzione di misure di sicurezza, può presentare la domanda al direttore dell'istituto; se è in stato di arresto o di detenzione domiciliare o è custodito in un luogo di cura, può presentarla ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Il direttore o l'ufficiale di p.g. trasmetteranno l'istanza al magistrato competente.
COME SI SVOLGE
Il magistrato competente decide nei 10 giorni successivi a quello in cui è stata presentata o è pervenuta l'istanza di ammissione.
Se l'istanza viene accolta, una copia della stessa e del decreto che ammette al beneficio sono trasmesse all'Ufficio delle Entrate territorialmente competente per la verifica dei redditi dichiarati. [Un controllo è anche previsto nei programmi annuali della Guardia di finanza].
L'ammesso al beneficio può nominare (se non l’ha già fatto) un difensore scelto tra gli iscritti in appositi elenchi degli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato istituiti presso i Consigli dell'Ordine degli Avvocati.
L'ammissione al patrocinio è valida per ogni grado e per ogni fase del processo e per tutte le eventuali procedure, derivate ed accidentali, comunque connesse.
Si tenga però presente che i benefici derivanti dall'ammissione al patrocinio a spese dello Stato decorrono dalla data in cui l’istanza è stata presentata o è pervenuta all’ufficio del Magistrato competente (o dal primo atto in cui interviene il difensore, se l’interessato fa riserva di presentare l’istanza e questa è presentata entro i 20 giorni successivi). In altre parole, non restano "coperte" le spese maturate prima della suddetta data.
Se la domanda è respinta o dichiarata inammissibile, l'interessato può presentare ricorso al Presidente del Tribunale o della Corte di Appello entro 20 giorni dal momento in cui ne è venuto a conoscenza.
Se, dopo la conclusione del processo nel quale è stato ammesso al patrocinio, l'interessato può o deve essere assistito da un difensore nella fase dell’esecuzione, o in un processo di revisione, oppure relativo all’applicazione di misure di sicurezza o di prevenzione, oppure di competenza del tribunale di sorveglianza, dovrà - se vuole godere del beneficio - presentare una nuova richiesta.
L'ammissione al patrocinio a spese dello Stato può essere revocata: se l’interessato non comunica le variazioni dei limiti di reddito; se il reddito risulta variato in misura da eccedere il limite di legge; se, nel caso dell'extracomunitario detenuto, internato, ecc., la certificazione consolare non è stata prodotta entro 20 giorni dalla data di presentazione dell'istanza (e non è stata supplita da autocertificazione); su richiesta dell’ufficio finanziario, presentata entro 5 anni dalla definizione del processo, se mancavano le condizioni di reddito.
L'istanza, redatta in carta semplice, deve essere sottoscritta dall'interessato a pena di inammissibilità.
La sottoscrizione deve essere autenticata dal difensore; ovvero con le modalità di cui all'art. 38, comma 3, D.P.R. 28/12/2000, n. 445, e cioè: istanza firmata dall'interessato in presenza del funzionario di cancelleria; oppure sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore; oppure inviando per via telematica la copia dell'istanza sottoscritta dall'interessato e la copia del documento di identità.
L'istanza può anche essere inviata a mezzo raccomandata con allegata fotocopia di un documento di identità valido del richiedente.
L'istanza deve contenere, a pena di inammissibilità:
la richiesta di ammissione al patrocinio e l'indicazione del processo cui si riferisce, se già pendente;
le generalità ed il codice fiscale del richiedente e di tutti i componenti il suo nucleo familiare anagrafico;
l'attestazione dei redditi percepiti l'anno precedente alla domanda (autocertificazione);
l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione.
Quanto all'obbligo di indicare il codice fiscale: gli stranieri (comunitari o extracomunitari, anche se irregolarmente presenti in Italia), ai quali non è stato attribuito un codice fiscale, possono - agli effetti dell'ammissibilità dell'istanza - indicare, in luogo del codice fiscale, il proprio cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso e domicilio all'estero (v. ord. Corte Costituzionale n. 144 del 2004).
NOTA BENE
Il cittadino di Stato non appartenente all'Unione Europea deve, per i redditi prodotti all'estero, allegare all’istanza una certificazione dell'autorità consolare competente che attesti la verità di quanto dichiarato. Se è detenuto, internato per esecuzione di misura di sicurezza o in stato di arresto o di detenzione domiciliare, la certificazione consolare può essere prodotta entro 20 giorni dalla data di presentazione dell'istanza, dal difensore o da un componente della famiglia dell'interessato.
In caso di impossibilità a produrre la certificazione consolare (impossibilità che si può provare allegando copia della raccomandata a.r. inviata al consolato con richiesta di rispondere entro un congruo termine - almeno 30 giorni - dal ricevimento), lo straniero la può sostituire con una autocertificazione attestante la verità di quanto dichiarato, oltre al fatto della mancata risposta del console.
Allo stesso modo può fare quando il consolato dichiari di non essere in grado di attestare la veridicità di quanto dichiarato dal cittadino.
La falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall'art. 79, comma 1, lettere b), c) e d) del D.P.R. 30/05/2002, n.115, sono severamente punite: v. art.95 del medesimo D.P.R.